(Dall’Espresso del 21 Febbraio 2008)
“Mal di schiena e di denti. Dolori alle ossa. Cefalee. Talvolta dipendono solo dal modo di camminare o di sedere alla scrivania. Ma ora c’è una scienza che studia e cura questi difetti. Trovando a ciascuno la giusta postura” – di Agnese Codignola.
Ebbene sì! Si parla di postura…e allora parliamone!
Leggo questo interessante articolo pubblicato sull’Espresso del 21 Febbraio 2008 e mi dico: “ora che è di moda parlare di postura e tutto è improvvisamente “posturale”, ecco che se ne inizia a parlare anche al di fuori di riviste e pubblicazioni per addetti ai lavori”.
Vi riassumo le linee principali di questo articolo di qualche anno fa, cui aggiungo alcune considerazioni personali.
Si parte dalla semplice considerazione che siamo BIPEDI BARCOLLANTI, che pagano in termini di dolori muscolo-articolari la scelta evolutiva della posizione eretta, evoluzione che per altro non avremmo ancora terminato di compiere…(aiuto!), rimanendo pertanto dei camminatori imperfetti. Per farla breve, non siamo ancora così bravi nel gestire e contrastare la forza di gravità e il nostro modo di stare in piedi risente di questa nostra difficoltà, di questo squilibrio.
A ciò si aggiungono le abitudini abominiveli proprie dell'”homo technologicus”, quali camminare su superfici piatte come il cemento o stare seduti per ore e ore.
Dopo averci depresso con queste ottime notizie, l’articolo ci svela che però oggi è possibile curare questi squilibri…
A questo punto, permettetemi di aprire una parentesi su “CHE COS’E’ LA POSTURA“.
La postura non è altro che l’Essere, è l’atteggiamento che il nostro corpo assume per gestire la vita e i suoi eventi, è il risultato del modo di gestire la forza di gravità, alla quale ogni individuo si è adattato, nella statica e nella dinamica (e mentre respira), con il massimo comfort e in assenza di dolore.
E’ l’organizzazione del corpo nello spazio, è un insieme di informazioni che la persona ha assunto da quando è nata.
La postura racconta la nostra storia, poiché “la vita forma e deforma”, come ama dire il Prof. Raggi; la postura rappresenta il vissuto corporeo e psichico di un individuo.
La posizione dei denti e quindi la corretta occlusione, i traumi fisici ed emotivi, il modo di respirare, il modo di utilizzare il proprio corpo ecc… sono l’insieme delle caratteristiche che possono portare a modificare la postura nel tempo, creando i relativi compensi e allontanandola da quei parametri di postura ideali che troviamo indicati nelle tavole anatomiche.
Dunque esiste una postura ideale a cui tendere, ma la postura di ciascuno è influenzata da numerosi fattori ed è più facile che si discosti da quel parametro ideale, piuttosto che lo eguagli; per cui il nostro modo di stare in equilibrio nello spazio perde armonia, soprattutto a causa di quelli che potremmo definire “segnali distorti” provenienti dall’esterno, e in particolare da recettori posti nei piedi, sulla pelle, nella bocca, nell’orecchio interno, nei visceri e in altri organi e apparati (come viene appunto detto nell’articolo in questione, che cito testualmente in corsivo).
Pensate per esempio a come un paio di scarpe inadatto e poco rispettoso della forma dei nostri piedi – che sono larghi davanti e stretti dietro – possa causare un invio confuso di informazioni al cervello, che deve poi inviare a sua volta precisi imput ai muscoli perchè il corpo possa gestire il nostro modo di muoverci e relazionarci nello spazio, e quindi come, sulla base di quelle informazioni poco chiare, distorte e anomale, il nostro sistema tonico-posturale debba continamente adattarsi con degli aggiustamenti e delle correzioni che consentano al corpo di stare in piedi, muoversi e svolgere le attività quotidiane.
Lo stesso succede – per fare un esempio dalla parte opposta dei piedi – se si pensa a come un intervento odontoiatrico come una banale otturazione possa causare dei precontatti nell’occlusione dentale, e come questi precontatti vengano tradotti dal nostro sistema come un segnale disturbato a cui trovare una soluzione per poter “tirare la carretta” e lavorare, fare, brigare…
Magari con un esempio mi spiego meglio: avete presente quando la radio non capta chiaramente il segnale della stazione che volete scoltare? Pensate a cosa fate per riuscirci…Oltre che smanettare sulla rotella avanti e indietro per sintonizzare e percepire chiaramente il segnale, ci si dà un gran da fare con lo spostare l’antenna avanti indietro a destra a sinistra un po’ più in là, un po’ più in qua, meglio su, no, meglio giù, più in fuori più in dentro fermo così! Sposta la radio girala ruotala sollevala…
Ecco: tutte queste azioni, fuori dalla metafora della sintonizzazione della radio, se le trasferiamo al corpo umano si traducono in dispendi energetici altissimi, in continui sforzi muscolari e articolari, visivi, uditivi, adattativi insomma per fare comunque-a-tutti-i-costi quello che abbiamo in mente di fare, proprio perchè si parte da uno “squilibrio” (un segnale non chiaro) a cui il corpo deve ovviare, che deve risolvere.
L’articolo continua anche grazie alle spiegazioni di Fabio Scoppa, coordinatore scintifico del Master post laurea in posturologia dell’Università La Sapienza di Roma, il cui succo si riassume in queste frasi che cito testualmente:
“E’ molto importante considerare sempre tutti i fattori posturali, per poter programmare la terapia. Infatti gli interventi sono differenti a seconda della causa dello squilibrio: per esempio si può valutare e trattare una cicatrice patologica, un trauma cranico anche di vecchia data, dimenticato dal paziente, un appoggio scorretto dei piedi, una difficoltà di masticazione o di occlusione, fino ad affrontare eventuali cause psicologiche specifiche”.
Bene, a questo punto arrivano le mazzate, la famosa altra faccia della medaglia, quando si dice che la posturologia non è ancora una disciplina codificata, si presta a molteplici interpretazioni e sfugge alle sistematizzazioni tipiche della medicina più rigorosa: a sostegno di questa tesi vengono portati sia il fatto che in campo posturologico non si possa parlare di risultati uguali per tutti, ma vi sia una forte influenza di fattori soggettivi e psicologici, sia il fatto che i metodi di misurazione si rivelino “ambigui” e la maggior parte dei quali non abbiano parametri univoci, con la conseguenza che i risultati sono molto difficili da misurare.
Del resto in questo campo la “pillola magica” non esiste, ogni caso è un caso a sè e non si può trovare un lombalgico uguale all’altro…quindi non si può proporre una soluzione unica alla lombalgia (per continuare con l’esempio) che vada bene per ciascun singolo caso di lombalgia, anche nella sua accezione più comune.
Però forse in questo passaggio successivo si capisce anche perchè la posturologia stia prendendo sempre più piede: “il valore aggiunto della posturologia risiede nella CAPACITA’ DI ASCOLTO del medico, nella PRESA IN CARICO del paziente che è una pratica purtroppo troppo spesso trascurata dai medici tradizionali: anche per questo la disciplina ha successo“…AH BHE’! Bravi! Bella scoperta!
Il punto a suo favore, a mio parere, la posturologia lo segna in quanto è una DISCIPLINA OLISTICA, cioè si approccia al problema del paziente con un atteggiamento aperto a spaziare a 360°, mettendo al centro dell’indagine il SOGGETTO, la persona che presenta un dolore, e non il dolore stesso, che dalle discipline tradizionali talvolta viene aggredito con assoluta cecità verso il quadro globale che il paziente mostra.
E’ indubbiamente un modo nuovo e attento, più attento direi, di indagare le cause del malessere, che comporta sforzi immensamente più grandi di chi i malesseri li occulta grazie ai ritrovati della chimica.